L’indipendenza del Revisore condominiale

L’indipendenza del Revisore condominiale.

L'amministratore del condominio non garantisce terzietà e indipendenza nell'attività di revisione contabile.

 



L’attivià di verifica della contabilità svolta dal revisore condominiale, nel suo giudizio finale, è destinata ad incidere fortemente sul rapporto fiduciario intercorrente tra il condominio e l’amministratore che ha redatto la contabilità in esame, potendolo consolidare, indebolire o sfaldare definitivamente.

 

Pertanto, pur trattandosi di una figura professionale ad oggi priva di regolamentazione ad hoc, un approccio professionale all’argomento - sempre auspicabile - non può non porre interrogativi sulla necessità di verificare l’indipendenza e l’obiettività del Revisore incaricato. E questo a garanzia di entrambe le parti – condominio e amministratore – che risultando verosimilmente attori contrapposti di una possibile spaccatura, hanno certamente diritto alla terzietà del professionista quantunque in un rapporto di mandato privatistico sia difficile discorrere di terzietà assoluta visto l’incarico di parte. Ma, ciò nonostante, l’indipendenza risulta comunque meritevole di difesa sia perché riconducibile alla sfera dell’etica professionale e sia perché nella relazione di revisione non si giunga ad un giudizio compromesso. Certamente si parla, invece, di indipendenza e terzietà assoluta per il caso del Revisore CTU.

 

Se in materia di revisione legale dei conti l’ordinamento e la relativa regolamentazione tecnica fornisce adeguati strumenti e parametri di valutazione, l’assenza di un corrispettivo per la materia condominiale non è sufficiente a far credere che l’attività del Revisore condominiale possa essere svolta senza regole o con leggerezza, anche perché una relazione di revisione della contabilità condominiale potrebbe muovere alla base del radicamento di una lite sia civile che penale.

 

È, allora, il caso di tentare una analisi proprio sull’indipendenza del Revisore condominiale e cercare di capire quali possano essere i pregiudizi a tale indefettibile qualità.

 

L’area di osservazione per la valutazione dei rischi deve guardare a tutti quei rapporti tra Revisore e condominio committente e tra Revisore e Amministratore titolare della contabilità oggetto di verifica che possono costituire una minaccia all’indipendenza, compresi quelli riconducibili alla rete del Revisore, estendendo dunque la verifica ad un raggio più largo del suo operato allo scopo di esaminare qualsiasi livello e tipologia di legame ad esso riconducibile, compresa la condivisione di risorse organizzative o professionali.

 

È opportuno comprendere come per pregiudizio all’indipendenza non debba intendersi la necessaria individuazione di un conflitto materiale e concreto ma è sufficiente che sia potenziale, atteso che l’obiettività e la terzietà del Revisore devono essere tali anche sotto il profilo formale e mentale.

 

L’indipendenza come conditio sine qua non all’accettazione dell’incarico deve indurre il Revisore alla rinuncia dell’incarico se non è in grado di assicurarsi, attraverso una analisi preventiva, quell’indipendenza che vedrebbe soltanto un ulteriore terzo adeguatamente informato o, in alternativa, dovrebbe rinunciare a quelle relazioni compromettenti, sempre che questo sia fattibile e comunque sufficiente ad eliminare ogni dubbio su un possibile legame influente.

 

Il revisore deve essere obiettivo ed integro nello svolgere il suo incarico ma proprio perché l’obiettività non è esternamente giudicabile e l’integrità non è preventivamente valutabile, ecco che è l’indipendenza, sostanziale, formale e mentale, a garantire tutto ciò agli occhi di terzi.

 

Si tratta di un principio che ove compromesso può mettere in discussione il valore morale oltre che tecnico di una relazione di revisione e del giudizio ivi espresso e per questo ci si chiede da più parti quali possano essere per un Revisore condominiale i possibili pregiudizi ad un così importante principio e in questa breve tesi provo a formulare alcune considerazioni.

 

Costituisce certamente un fattore di rischio all’obiettività e quindi all’indipendenza un rapporto di amicizia o parentela tra Revisore e Amministratore titolare della contabilità oggetto di verifica, così come qualsiasi altro tipo di legame o relazione confidenziale, compresi quelli tra Revisore e condòmini.

 

È altresì motivo di violata indipendenza un precedente rapporto professionale intercorso e remunerato tra Revisore e Amministratore o la cura di interessi diretti da parte del Revisore in quel condominio perché proprietario. Allo stesso modo pregiudica l’indipendenza il fatto che il Revisore sia, sia stato o volgia presto divenire amministratore del condominio committente.

 

I rischi per l’indipendenza del Revisore non arrivano soltanto da situazioni concrete e facilmente individuabili, ma anche dai cosiddetti contesti di intimidazione dovuti, per esempio, a possibili condizionamenti derivanti da comportamenti aggressivi o minacciosi nei suoi confronti ma anche da subordinazioni psicologiche. E sono queste ultime le più difficili da individuare.

 

Proprio in merito al tema dell’indipendanza, da più parti ho ricevuto l’invito a formulare una personale considerazione circa i possibili conflitti che potrebbero derivare dalla presenza di associazioni di revisori condominiali e dalla loro organizzazione.

 

Invero, la questione si pone per tre ordini di ragione: la prima è che le associazioni professionali sono organizzazioni private, la seconda è che spesso alcune di queste associazioni nascono in seno ad associazioni di amministratori e la terza è che sovente lo stesso professionista può essere sia Amministratore di condominio che Revisore condominiale e tutte e tre le ragioni potrebbero interagire negativamente tra loro.

 

Infatti, è evidentemente pregiudicata l’indipendenza di quel Revisore chiamato a verificare la contabilità condominiale redatta da un Amministratore che svolge anche l’attività di Revisore quando entrambi sono membri di organi direttivi della medesima associazione, o il primo sia membro attivo di una associazione nata all’interno di quella di amministratori a cui appartiene il secondo come parte attiva.

 

È certamente questo un classico esempio di possibile pregiudizio per intimidazione ambientale dovuta a possibili forme di subordinazione o sudditanza psicologica del Revisore pur rimanendo fermo il concetto che non possa bastare la mera appartenenza alla stessa associazione o ad associazioni consorelle quando in seno alle stesse nessuno di entrambi svolge incarichi associativi nè si individuano loro posizioni gerarchiche e subordinate.

 

 

Dott. Francesco Schena