Esercizio di gestione condominiale: fine e chiusura. Sono la stessa cosa?

Esercizio di gestione condominiale: fine e chiusura. Sono la stessa cosa?

Esiste un distinguo tra concetto di fine esercizio e quello di chiusura?

 

Il tema non è proprio chiaro ai più e, evidentemente, questo accade a causa di una scrittura della norma a dir poco "discutibile". Tuttavia, l'operatore ha la necessità di capire come declinare ed applicare ogni norma che implica un riverbero sul piano concreto e pratico della contabilità condominiale.


 I due punti chiave del codice.

A mente del nuovo art. 1130 c.c., l'amministratore redige il rendiconto condominiale entro centottanta giorni.

Mentre, secondo il nuovo art. 1129 c.c., salvo dispensa, è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dai morosi entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso.


Ora, volendo dare un taglio tangibile a queste previsioni, proviamo a porci due domande ipotizzando l'anno di gestione coincidente con il periodo 01 gennaio - 31 dicembre:

1) da quando decorrono i 180 giorni per la redazione del rendiconto?

2) da quando decorrono i sei mesi per l'azione di recupero forzoso?


La prima ipotesi.

I 180 giorni decorrono, verosimilmente, dalla fine dell'esercizio, ovvero, dal 31 dicembre, con il risultato che l'amministratore dovrà redigere il rendiconto entro il 29 giugno.

I sei mesi decorrono anch'essi dal 31 dicembre con la conseguenza che l'amministratore dovrà attivarsi per la riscossione forzosa dei crediti entro il 30 giugno.

In questo primo caso, dunque, si ipotizza una precisa sovrapposizione dei concetti di fine e chiusura.


La seconda ipotesi.

I 180 giorni decorrono, sempre verosimilmente, dalla fine dell'esercizio, ovvero, dal 31 dicembre, con il risultato che l'amministratore dovrà redigere il rendiconto entro il 29 giugno.

I sei mesi, invece, in questo caso decorrono dalla data di redazione del rendiconto, con la conseguenza che l'amministratore dovrà attivarsi per la riscossione forzosa entro i sei mesi successivi, nel limite massimo del 29 dicembre qualora abbia redatto il rendiconto l'ultimo giorno utile, ovvero, il 29 giugno.

In questo secondo caso, quindi, i due termini non coincidono.


Quale delle due ipotesi preferire?

E qui arriviamo al punto della questione. Quale delle due ipotesi preferire?

Gli "addetti ai lavori" sono piuttosto divisi ma, sul piano della logica, elemento connotato geneticamente alla contabilità e alla ragioneria, è certamente da preferire la seconda ipotesi e vediamo per quali ragioni.


L'elemento dirimente, in realtà, risiede altrove. Invero, è necessario capirsi su cosa si debba intendere per credito esigibile "compreso" nell'esercizio. Ora, per natura e definizione, trattandosi di credito, questo non può che essere il risultato di rilevazioni finanziarie di incidenza sul capitale che, a sua volta, si ottiene e valorizza esclusivamente attraverso il metodo della partita doppia e, quindi, rappresentandolo in uno stato patrimoniale redatto, indubitabilmente, secondo il criterio contabile della competenza e non della sola cassa.


Inoltre, la redazione del rendiconto implica l'esaurimento della sfera di conoscibilità dei fenomeni generati dai fatti occorsi nell'esercizio che esplicitano le loro manifestazioni amministrative evidentemente soltanto dopo la data del 31 dicembre: pensiamo alle bollette della luce, dell'acqua o del gas per gli impianti comuni riferite ai consumi di novembre o dicembre ma che vengono recapitate a gennaio o febbraio dell'anno successivo. E dunque, per conoscere i conguagli di fine gestione dovuti dai condomini, chiaramente relativi all'anno precedente, non possiamo che attendere la redazione del rendiconto che, a questo punto, avverrà nel limite dei 180 giorni.


D'altronde, se così non fosse, si tratterebbe, necessariamente, dei soli crediti verso i condomini vantati soltanto per mancati versamenti sulla scorta del solo preventivo di gestione, scivolando nell'assurda quanto illogica situazione di dover, di conseguenza, abbonare ai sigg. condomini tutti i costi effettivamente sostenuti nel corso della gestione ma in eccesso rispetto a quanto preventivato essendoci privati, chiaramente, della possibilità di rendicontare per intero le conseguenze di tutti i fatti occorsi nell'anno.


Ma non solo. Se si preferisse la prima ipotesi, come potrebbe l'amministratore azionare il recupero forzoso dei crediti liquidi ed esigibili secondo il richiamato art. 63 d.a.c.c. privandosi di uno stato di ripartizione a consuntivo?


E ancora, se fine esercizio e chiusura dell'esercizio coincidessero, quale sarebbe stato il senso di prevedere un periodo di sei mesi - diverso dai 180 giorni - e con un chiaro riferimento alla "chiusura" dell'esercizio quando, invece, i termini di redazione non fanno nemmeno espresso riferimento al concetto di fine esercizio? Non vorremo certamente pensare all'idea di redigere il rendiconto entro il 29 giugno per poi azionare il recupero forzoso entro il giorno successivo?


Insomma, tutte le ipotesi sviluppate sul piano di quella logica che soltanto la contabilità ci fa conoscere, non portano che a ritenere coma la fine dell'esercizio di gestione e la sua chiusura non siano affatto termini coincidenti.

 

Dott. Francesco Schena